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Corea del Nord, sta per scoppiare la terza guerra mondiale?

Alla luce degli avvenimenti di questo periodo, con le tensioni createsi dopo l'affondamento di una corvetta sudcoreana da parte di un missile nordcoreano, riporto un articolo che ho trovato molto interessante sull'ipotesi dello scoppio di una terza guerra mondiale in tempi prossimi. "Allora, nel bel mezzo di questa crisi non ci avevo mai pensato e mai mi ero tanto interessato ad una possibile nuova guerra mondiale. Ma un giorno, in cerca di date e coincidenze come faccio sempre, mi sono trovato a pensare a come la nostra epoca fosse generalmente similare alla "Belle Epoque" che precedette la Prima Guerra Mondiale. Cos'era la Belle Epoque(1896-1914)? Era il boom dell'industria, delle nuove tecnologie, della creazione di nuovi reti stradali e ferroviarie, un periodo insomma di grande stabilità e di crescita di occupazione e lavoro(ovviamente non era paragonabile al benessere di adesso, ma importanti invenzioni come elettricità, acqua corrente, eccetera, divennero di uso quotidiano). Adesso noi dagli anni '80 fino ad adesso abbiamo conosciuto nell'Occidente un benessere mai visto prima, dato che la maggioranza della popolazione si è potuta permettere macchine, cellulari, vacanze,grandi quantità di cibi e la totalità dei servizi essenziali. Se ci pensate bene vista in un ipotetico futuro questa sembrerà un'epoca di grande benessere. Ma ora ci avviciniamo al centenario della Prima Guerra Mondiale, oggi qui voglio amaramente ipotizzare che dal 2011 al 2015 possa scoppiare la Terza Guerra Mondiale. Perchè? Perchè i paesi occidentali sono affossati dal debito e in ogni crisi, è sempre la guerra la via d'uscita. Quali saranno le cause? Possono essere molteplici, ma i focolai accessi di Iran e Corea del Nord, possono essere la cause più probabili. Quali saranno i fronti? Vi faccio una mia ipotesi a grandi linee: FRONTE OCCIDENTALE: USA,CANADA, AUSTRALIA, UNIONE EUROPEA(NON TUTTI I PAESI), ISRAELE,GIAPPONE,COREA DEL SUD, TAIWAN FRONTE "POPOLARE": IRAN, COREA DEL NORD, CINA, BRASILE, VENEZUELA, TURCHIA, PAESI ARABI(NON TUTTI), INDIA(?), RUSSIA(?) Questa è la mia ipotesi in base a recenti avvenimenti in atto, come l'alleanza fra Turchia, Brasile e Iran, le tensioni fra Corea del Nord e Sud dove la Cina parteggia per i primi, le provocazioni di Obama verso la Cina(armi a Taiwan, pressioni sullo Yuan, debito pubblico USA in mano ai cinesi).Un'altro segnale è il fatto che gli americani abbiano di fatto occupato Haiti per un futuro attacco all'antiamericana Venezuela di Chavez. Poi ci sono le tensioni russe con la Georgia filo-occidentale, le tensioni per lo scudo missilistico. India e Cina fanno esercitazioni militari assieme e vi ricordo che nel 2001 venne creato il gruppo cooperativo SCO tra Cina,Russia,Kazakistan,Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan e sono osservatori Iran, Pakistan, Mongolia e India. Dei fronti si stanno delineando. Tutti noi speriamo che questa previsione sia errata, ma spero che queste considerazioni strategiche facciano comunque guardare con un altro occhio la situazione mondiale, che i nostri tg che pensano al Gossip e ai fatti di cronaca non considerano rilevante."

27-11-2010
La Cina minaccia: fermate le navi Usa.

Minacce, nuovi colpi di artiglieria, accuse, preparativi di guerra. Lungo il conteso confine marittimo che separa la Corea del Nord da quella del Sud la tensione in queste ore resta alta. I 1.300 abitanti dell’isola di Yeonpyeng, nel mar Giallo, hanno ascoltato ieri con preoccupazione il rumore delle esercitazioni dell’armata di Pyongyang che, a soli 12 chilometri di distanza, sparava colpi di artiglieria. Il piccolo territorio della Corea del Sud è stato colpito martedì da un attacco dei vicini. Due militari e due civili sono rimasti uccisi.
Per il ministero della Difesa di Seul, citato dal New York Times, le esercitazioni di ieri sono una dimostrazione di forza di Pyongyang, sostenuta da dichiarazioni minacciose. La Korean Central Agency, agenzia di stampa del Nord, riporta le parole di alcuni funzionari del regime: «Siamo sull’orlo della guerra con il Sud a causa del piano sconsiderato di quegli elementi dal grilletto facile di effettuare un’esercitazione militare diretta contro il Nord». Il riferimento diretto è a Washington e Seul. I due alleati dovrebbero iniziare domani manovre militari congiunte cui parteciperà anche la portaerei Uss George Washington, che ha fatto rotta verso la regione poco dopo la notizia dei colpi di artiglieria di martedì. Ieri, la Cina ha ufficializzato la sua posizione di sostegno a Pyongyang. Con cautela, il ministero degli Esteri di Pechino ha fatto sapere di essere contrario a ogni tipo di esercitazione all’interno della sua zona economica esclusiva, cioè entro le 200 miglia nautiche dalla costa cinese.
Secondo il Wall Street Journal, Pechino, nonostante la sua opposizione alle esercitazioni, ha controllato i toni, forse per timore che la situazione nel mar Giallo possa compromettere l’importante visita a Washington del presidente Hu Jintato a gennaio. A luglio, in una situazione simile, la Cina era stata più dura. Una corvetta sudcoreana era stata affondata a marzo. Nell’incidente avevano perso la vita 46 marinai. Per Seul e per una successiva inchiesta internazionale, all’origine di quell’attacco c’era Pyongyang. Anche in quell’occasione, Stati Uniti e Corea del Sud avevano annunciato manovre congiunte nel mar Giallo, ma le insistenti proteste cinesi avevano convinto gli alleati a spostare l’esercitazione nel mar del Giappone. Oggi la Cina, nonostante abbia invocato la moderazione e nonostante l’invio di condoglianze a Seul per i morti di martedì, non ha condannato l’alleato nordcoreano per l’attacco.
I colpi sparati ieri in addestramento da Pyongyang hanno accelerato le procedure di difesa dei vicini del Sud, che hanno annunciato nuove regole d’ingaggio dell’esercito, capaci di rendere più veloce una risposta in caso di nuove aggressioni. L’opinione pubblica interna ha infatti criticato il governo per non aver reagito con maggior fermezza all’aggressione. Ieri è stato nominato un nuovo ministro della Difesa, il generale Kim Kwan-jin, e il presidente Lee Myung-bak ha invitato 4.000 nuovi soldati sulle isole vicino al confine marittimo conteso.
Non sono in molti nella regione, tra analisti e commentatori politici, a credere che una guerra tra le due Coree sia imminente. Per gli esperti, le azioni militari di questi giorni sono legate alle recenti rivelazioni del regime sul suo piano nucleare. Il Paese cercherebbe in questo modo di fare pressione sulla comunità internazionale per aprire nuovi colloqui riguardanti i suoi piani atomici e ottenere concessioni. Per altri, i colpi di artiglieria e le risonanti minacce sono il segnale della volontà di Pyongyang di unire il fronte interno attorno al giovane erede del presidente Kim Jong Il, il figlio Kim Jong Un, la cui recente nomina a generale a quattro stelle avrebbe suscitato dubbi nella nomenklatura.

SEUL, 29 nov
CRISI COREA / Corea del Sud news: imponenti manovre militari nel mar Giallo
E la Corea del Nord punta i missili nella zona di Mar Giallo della Corea del Sud.

Crisi Corea del Nord e Corea del Sud, ultime notizie - Con l'inizio delle esercitazioni militari aeree e navali congiunte di Corea del Sud e Stati Uniti sul mar Giallo, la tensione tra le due Coree si è fatta ancora più rovente. Per tutta risposta alle manovre in corso, la Corea del Nord ha puntato le proprie batterie di missili terra-terra e terra-aria verso la zona di mare interessata dalle esercitazioni.

Ad allentare la crisi in atto è intervenuta anche la Cina, che ha proposto una tornata straordinaria dei colloqui a sei, con la partecipazione delle due Coree, Usa, Cina, Giappone e Russia. Da Pechino arriva però la precisazione che è ''ripresa dei colloqui'', che la Corea del Nord ha dichiarato ''morti'' due anni fa, ma di una riunione straordinaria per fronteggiare l'emergenza.

Intanto il ministero della difesa della Corea del Sud ha chiesto ai giornalisti di lasciare l'isola di Yeonpeyong spiegando che la situazione "é brutta". Dure le minacce arrivate da Pyongyang, che ha assicurato azioni di rappresaglia ''spietate'' se sara' ''violata la nostra sovranita' terrestre, marina ed aerea''. Comunque a Seul la vita scorre serena e pare che non ci si accorga della difficile situazione che si sta delineando.

COREA NORD: GIAPPONE RIFIUTA PROPOSTA DI RIPRENDERE COLLOQUI A SEI.

Tokyo, 29 nov - Il ministro degli Affari esteri giapponese, Seiji Maehara, rifiuta la proposta avanzata dalla Cina di riprendere i colloqui a sei per l'emergenza rappresentata dalla Corea del Nord. Lo scrive oggi il Wall Street Journal.

Maehara ha detto al quotidiano di ritenere ''inaccettabile'' la ripresa dei ''colloqui a sei solo perche' la Corea del Nord e' uscita fuori di testa. Dobbiamo prima vedere qualche tipo di sincero sforzo proveniente da Pyongyang sul suo programma di arricchimento dell'uranio e sull'ultimo incidente'', cioe' sull'aggressione a colpi di artiglieria di un'isola appartenente alla Corea del Sud.

Corea pronta a reagire a prossime provocazioni.

Roma, 29 nov - Rovente la tensione tra le due Coree, dopo l'attacco della Corea del Nord della scorsa settimana. Il presidente sudcoreano Lee Myung-bak ha dichiarato cin un discorso alla nazione che Seoul risponderà a qualunque altra provocazione.

"La Corea del Nord pagherà il prezzo nel caso di altre provocazioni", ha detto Lee aggiungendo che "attaccare militarmente dei civili è un crimine disumano che è assolutamente proibito in tempo di guerra".

Intanto sono cominciate le esercitazioni navali congiunte con gli Stati Uniti.

Wikileaks: Iran ha avuto da Corea del Nord 19 missili.

Tehran, Iran - Ambasciatore iraniano a Mosca nega: "Non abbiamo bisogno di servizi simili".

(WAPA) - Nel pomeriggio di ieri i maggiori quotidiani internazionali hanno pubblicato vari articoli sugli "Embassy cables" -i rapporti ufficiali compilati da funzionari o ambasciatori del dipartimento di Stato americano riguardanti i rapporti reciproci o con le proprie controparti straniere- consegnati loro dal sito pirata "Wikileaks.org".

Poco dopo i giornali, anche il portale ha iniziato la pubblicazione in formato elettronico dei file, per il momento circa 250 su 251.287.

Dalle prime pubblicazioni risulta che l'Iran abbia acquistato dalla Corea del Nord 19 missili molto avanzati, basati su un modello russo, in grado di raggiungere le capitali europee e quella russa. Secondo l'intelligence americana, i missili detenuti dall'Iran potrebbero accelerare lo sviluppo, da parte del Paese, di razzi balistici intercontinentali.

L'Iran, attraverso Seyed Mahmoud Reza Sajjadi, suo ambasciatore a Mosca, ha negato l'acquisto dei razzi. Egli oggi ha infatti dichiarato: "Non ho informazioni per confermare queste presunte consegne di missili nord-coreani all'Iran"; ha poi aggiunto: "Considerando il nostro potenziale difensivo, non abbiamo bisogno di servizi simili dalla Corea del Nord".

L'argomento, comunque, non è nuovo visto che già nel 2006 si diffuse la notizia che la Corea del Nord poteva aver venduto all'Iran missili basati sull'R-27.

L’Iran capace di colpire l’Europa e possibilità di una Corea unita.

Ben 19 missili capaci di colpire le capitali europee sarebbero stati forniti dalla Corea del Nord all’Iran a febbraio. Lo si apprende in una comunicazione di diplomatici americani al loro paese pubblicato da Wikileaks. Un documento che è stato parzialmente reso noto dal New York Times. La Corea del Nord è citata in altri documenti pubblicati come ad esempio l’argomento discusso tra funzionari Usa e di Seul l’idea di una Corea unificata. La prospettiva si aprirebbe con la caduta dell’attuale regime nord Coreano stritolato dai problemi economici e dalle difficoltà di trovare un successore all’ormai anziano leader. In questi giorni, inoltre, la tensione delle due Coree e alta, quasi da guerra, e che vede unità navali americane impegnate in una esercitazione congiunta con quelle sud Coreane.

02-12-2010

La crisi coreana: a che cosa servono le bombe di Kim.

La campagna di idolatria è ai primi fuochi. All’interno della Corea del Nord, i grandi ritratti a colori di Kim Jong Un, 27 anni, terzogenito del dittatore Kim Jong Il e suo erede designato, appena promosso generale a quattro stelle, sono stati distribuiti ai quadri del Partito dei lavoratori per essere affissi nelle strade e nelle case. Se il nonno, Kim Il Sung, era il «Grande leader», se il padre, Kim Jong Il, era il «Caro leader», il terzo Kim che sta per salire al potere deve essere immortalato come il «Giovane capitano».

Fuori dall’ultimo stato stalinista del pianeta, il culto della personalità si traduce in uno show di forza. Il 12 novembre scorso, a tre scienziati americani in visita a Pyongyang è stato mostrato l’ultimo gioiello della tecnologia nucleare, un impianto sofisticato per l’arricchimento dell’uranio, da mettere a disposizione di chi paga di più, magari anche dell’Iran. Il messaggio all’America è diretto: non illudetevi, la politica della proliferazione atomica non cambiada padre a figlio.

Nemmeno 11 giorni dopo un’altra grave provocazione per irrobustire l’immagine di Capitan Kim: 200 colpi di artiglieria contro una piccola isola sudcoreana vicina al mai riconosciuto confine marittimo: soldati e civili uccisi, altri feriti e all’ospedale.

Ben altre sorprese si annunciano quando, il 1° dicembre, inizieranno in tutta la Corea del Nord le manovre militari d’inverno, quest’anno arricchite di una missione cruciale, annunciata con tanto di editto emanato da Kim Jong Il, che appare sempre più indebolito dopo l’ictus di due anni fa e l’aggravamento del diabete e della disfunzione renale: dimostrare la massima lealtà verso l’erede. L’intelligence di Seul ha raccolto una serie di informazioni convergenti, secondo le quali il Nord potrebbe effettuare, in coincidenza con il compleanno del futuro leader, l’8 gennaio prossimo, il terzo test nucleare della sua storia.

È un ricatto al mondo che dura da anni, ma questa volta si aggiunge la controversa successione. Il compagno Giovane capitano, che ha studiato a Berna e passa molte ore della sua giornata al computer, è stato prescelto per il suo carattere determinato, ma anche assai crudele. Ha già ordinato una purga nei vertici militari ritenuti poco affidabili provocando non pochi malumori.

La difficile transizione si accompagna all’ennesimo inverno di fame. La svalutazione della moneta, l’anno scorso, ha acuito le sofferenze e pochissime famiglie sono in grado di preparare il «kimchi», il piatto indispensabile per affrontare le rigidissime temperature: i prezzi degli ingredienti (peperoncino, aglio, cavoli cinesi e radicchio) sono schizzati alle stelle, così come è diventato impossibile comprare il carbone da riscaldamento e anche il vinile per proteggere le abitazioni dai venti del nord.

È così che si spiega la faccia feroce del regime comunista. Il grande protettore, la Cina, fa trapelare «l’imbarazzo crescente», come ha comunicato per via diplomatica. E i fratelli separati del Sud hanno richiesto agli Stati Uniti le bombe nucleari tattiche, che erano state ritirate alla fine della guerra fredda. Barack Obama sollecita a tutti il sangue freddo, ma invia la portaerei George Washington e un gruppo di navi da guerra nel Mare Giallo per frenare i bollori della famiglia Kim. Contemporaneamente l’America rafforza l’asse politico-militare con la Corea del Sud e il Giappone in funzione anticinese.

Nell’era della globalizzazione tutto questo si traduce in instabilità su tutti i mercati finanziari e in una paura crescente da Est a Ovest.

08-12-2010

Crisi Coree: Usa e Seul annunciano nuove manovre militari congiunte

Usa e Corea del Sud annunciano nuove manovre militari congiunte. Nonostante la forte tensione con la Corea del Nord, gli Stati maggiori dei due Paesi hanno fatto sapere da Seul l'intenzione di proseguire le esercitazioni. L'ammiraglio statunitense, Mike Mullen, e il suo omonimo sudcoreano, Han Min-koo, hanno comunicato la notizia al termine di un incontro avvenuto oggi.
I due Paesi hanno deciso "di proseguire insieme le esercitazioni destinate a dissuadere in modo efficace l'aggressione della Corea del Nord e a rafforzare la capacità congiunta di risposta".

09-12-2010

Corea e Cina raggiungono intesa su crisi, dice Xinhua

PECHINO - La Cina e la Corea del Nord hanno trovato un accordo sulla crisi nella penisola, dopo una serie di colloqui "franchi". Lo hanno riferito i media statali cinesi, secondo cui Pechino ha suggerito a Pyongyang di non esasperare la situazione.

L'incontro è arrivato dopo le continua frecciate tra Usa e Cina su come gestire la situazione di tensione nella penisola, con la Cina che ha rifiutato di mettere pressione sul suo alleato nordcoreano, affinché si assumesse la responsabilità dell'attacco con colpi di artiglieria dello scorso mese contro la Corea del sud.

Il consigliere di Stato cinese Dai Bingguo ha incontrato il leader nordcoreano Kim Jong-il a Pyongyang e "le due parti hanno raggiunto un'intesa sulle relazioni bilaterali e sulla situazione nella penisola coreana, dopo una serie di colloqui sinceri e approfonditi", ha riferito l'agenzia di stampa Xinhua.

Nel corso dei colloqui si è discusso di come "migliorare le relazioni già amichevoli tra i due paesi e si sono affrontati temi di interesse comune", ha riferito l'agenzia di stampa nordcoreana Kcna.

"Per consenso non ci si può aspettare molto di più di un'intesa di massima sulla necessità di risolvere la situazione in maniera pacifica e attraverso il dialogo e sulla necessità di evitare ulteriori tensioni", ha commentato Park Young-ho dell'Istituto di Unificazione Nazionale coreano.

WASHINGTON VS PECHINO

Gli Stati Uniti hanno ripetutamente invitato Pechino a fare pressioni su Pyongyang perché agisca in maniera responsabile dopo che la Corea del Nord ha bombardato un'isola sudcoreana lo scorso mese, uccidendo quattro persone, e ha ammesso sviluppi nel suo programma nucleare.

L'ammiraglio Mike Mullen, capo dello Stato maggiore della difesa, questa mattina aveva criticato la Cina per aver permesso lo "sconsiderato comportamento" del suo alleato Pyongyang.

"Io credo che, dal momento che le provocazioni continuano e sono sempre più frequenti, il pericolo sia sempre maggiore e bisogna fare qualcosa affinché queste provocazioni cessino", ha detto Mullen.

10-12-2010

Ancora braccio di ferro sulla Corea del Nord. La Cina: "Cosa fa il Pentagono per la stabilità?"

La Cina guida una coalizione internazionale contro il Nobel per la pace e alza il tono di sfida nei confronti di Washington sulla crisi coreana.

Il doppio affondo ha per protagonista Jiang Yu, portavoce del ministro degli Esteri di Pechino, che ha sfruttato un incontro con i giornalisti per tentare anzitutto di delegittimare l’istituto del premio Nobel per la pace, che quest’anno è stato assegnato al dissidente cinese Liu Xiaobo. «Il popolo cinese e la grande maggioranza dei popoli del mondo si oppone alla scelta del comitato del Nobel per la pace», ha esordito, lasciando intendere che la scelta di almeno 18 nazioni di non essere presenti all’odierna cerimonia di assegnazione a Oslo è un successo della politica estera di Pechino. «Il comitato del Nobel deve ammettere di essere in minoranza», ha aggiunto, leggendo nel fatto di essere riusciti a costruire una coalizione con Paesi come l’Iran, la Turchia, l’Arabia Saudita e il Venezuela «dimostra che tutti i tentativi di esercitare pressioni sulla Cina sono destinati a fallire».

E per sottolineare come al declino di influenza del Nobel corrisponde un aumento di prestigio nazionale, Pechino ieri ha assegnato il «Premio Confucio della pace» all’ex presidente di Taiwan Lian Chen in una cerimonia tesa a suggellare il debutto di un evento che si propone di rivaleggiare con quello di Oslo. La risposta alla sfida cinese è giunta in serata da Oslo, dove il presidente del comitato del Nobel, Thorbjoern Jagland, ha parlato di «grande sostegno al premio di Liu Xiaobo da parte di numerosi dirigenti internazionali che ne hanno chiesto la liberazione» riferendosi invece alle defezioni di più nazioni come ad un frutto della «dipendenza politica ed economica dalla Cina».

Il botta e risposta fra Pechino e il comitato norvegese è la cornice nella quale la portavoce cinese ha definito «arrogante» il voto con cui il Congresso di Washington ha reso omaggio al destinatario del Nobel, facendo seguire ulteriori critiche nei confronti dell’amministrazione Obama. In particolare il destinatario è stato l’ammiraglio Mike Mullen, capo degli Stati Maggiori Congiunti, che il giorno precedente aveva addebitato al «sostegno degli amici cinesi» la disinvoltura con cui la Corea del Nord ha messo a segno un duplice attacco militare contro il Sud, prima affondando una nave militare in marzo e poi bombardando un’isola a ridosso delle acque territoriali. «Ci chiediamo cosa abbia mai fatto l’ammiraglio Mullen per la pace e la stabilità in questa regione» sono state le parole della portavoce cinese, che ha respinto al mittente le «accuse contro di noi» nelle stesse ore in cui un inviato di Pechino si trovava a Pyongyang per consultazioni con il leader del regime, Kim Jong-il. Al termine del colloquio Pechino ha parlato di «consenso raggiunto» senza tuttavia spiegare di quale tipo di convergenza si sia registrata. Il presidente americano Barack Obama aveva infatti chiesto al collega cinese Hu Jintao, in una telefonata avvenuta tre giorni fa, di esercitare forte pressioni su Pyongyang per contribuire a far rientrare i rischi di una ripresa del sanguinoso conflitto fra le due Coree terminato nel 1953.

A dare ulteriore risalto alle tensioni fra Washington e Pechino è la pubblicazione da parte di Wikileaks di un dispaccio diplomatico americano risalente allo scorso febbraio nel quale un alto funzionario del Dipartimento di Stato in missione a Lagos, in Nigeria, definisce la penetrazione cinese in Africa in termini molto negativi. «La Cina è un concorrente molto aggressivo e perverso senza alcuna morale - scrive nel dispaccio Johnnie Carson, assistente segretario di Stato per gli Affari Africani - e non è in Africa per altruismo ma fare i propri interessi» oltre al fatto che «in questa maniera punta ad assicurarsi il controllo di un blocco di voti africani alle Nazioni Unite». Ciò che più preoccupa il Dipartimento di Stato, in base a tale documento, è «il sostegno della Cina per regimi dispotici come quello di Mugabe nello Zimbabwe e di Bashir in Sudan» che si oppongono alle politiche di Washington.